venerdì 29 giugno 2012

La condizione umana

“Misi di fronte a una finestra, vista dall’interno d’una stanza, un quadro che rappresentava esattamente la parte di paesaggio nascosta alla vista del quadro. Quindi l’albero rappresentato nel quadro nascondeva alla vista l’albero vero dietro di esso, fuori della stanza. Esso esisteva per lo spettatore, per così dire, simultaneamente nella sua mente, come dentro la stanza nel quadro, e fuori nel paesaggio reale. Ed è così che vediamo il mondo: lo vediamo come al di fuori di noi anche se è solo d’una rappresentazione mentale di esso che facciamo esperienza dentro di noi.” 
(R. Magritte)


Non è fantastico che questa serie di quadri si chiami "La condizione umana" ?




 Quando vidi questa immagine per la prima volta pensai che fosse la spiegazione perfetta dell'arte...
L'arte apre la vista, espande il paesaggio, permette di abbattere il muro della cecità umana, poichè non si serve degli occhi quanto della mente e dell'anima... L'arte permette il disvelamento della realtà, un'immersione nel mondo (che diventa proiezione del mondo interiore)... Due realtà sovrapposte di cui non si possono percepire bene i confini (proprio come nel quadro) con le quali l'artista convive e che mette di continuo alla prova.
E così entrare nell'orbita di altri mondi, persone, luoghi, situazioni nuove, ti rende più consapevole del tuo mondo, di quello interiore come di quello esteriore, accorgendoti che in realtà questa differenza non esiste...
Il mondo che vediamo è quello che abbiamo costruito nella mente, i limiti che viviamo nel mondo sono i nostri limiti, le potenzialità che scorgiamo in esso sono già dentro di noi...





sabato 16 giugno 2012

Milano...



Quando ero piccolo, spesso mi chiedevano: “Vai sotto a prendere una bottiglia di vino buono”. 
Ora, ci chiediamo: perché siamo qui sotto in questo angolo sconosciuto, che era la piazza Duomo prima del Duomo?
   La città è grande, fatta di meraviglie e di porcherie, è benedetta e maledetta insieme, nessuno la vuole così, ma poi tutti vi accorrono. E’ una città che non dorme mai, nervosa, grigia, umida. Le giornate sono folte, si gira come se fossimo trottole randagie, il traffico ruggisce ventiquattro ore su ventiquattro come una processione isterica. Al mattino …devi aprire le finestre per far prendere aria alla città. Città che è un alveare di cemento, una giungla d’asfalto.. le sirene – come dei coltelli – sottolineano che in questa città non c’è il canto, il silenzio, ma solo il rumore che produce ulcera nel cervello. Ti urti a volte con questa città e con la sua velocità che disumanizza (ti sembra di essere come un’ape in un barattolo).
   E allora perché qui? E’ bello il Duomo, a me particolarmente caro perché il 12 giugno 1982 venni ordinato prete e pregavo già per le persone che avrei incontrato nel ministero e voi non eravate ancora nate…, ma bello soprattutto come ricamo di marmo, ove le guglie paiono spade di luce attorno alla Madonnina, Lei: la Donna più riuscita! “O mia bela Madunina”! Insisto: perché non gustiamo tutto il Duomo ma ci fermiamo solo in questo angolo strano, dove si vede poco? Per una lezione di archeologia? No, non sono capace, anche se nella nostra Università vi sono molte persone adatte a svolgere eventualmente questo compito. Ma non è la ragione principale.
   Perché siamo qui?  Siamo scesi, ma non come in metropolitana: là si va per correre, qui invece ci fermiamo, noi che non abbiamo più neanche il tempo …di dire che non abbiamo tempo. Siamo convenuti per far cantare le pietre e chi le ha vissute allora! Qui abbiamo pietre che ci parlano di secoli (intuiamo meglio l’espressione liturgica “Per tutti i secoli dei secoli”). Qui il tempo pare fermarsi e dirci che il mondo non è iniziato con noi, non siamo i primi e torniamo allora indietro, molto indietro, oltre i vostri nonni. Questa è la tradizione  (”tradere” = tramandare, come una luce che in continuazione ne accende un’altra); le antichissime generazioni hanno spento la fiaccola nella notte della vita e sono nella luce eterna rispetto a noi in questa vigilia di fatica e di amore che è l’umana esistenza.
   Siam qui dunque a far cantare le pietre per essere noi pietre vive, appoggiate su una pietra intoccabile, scartata, ma …se la togli crolla tutto: Gesù Cristo! Pietre vive, ognuna imbevuta nel sangue di Cristo, prezzo della nostra libertà, per l’architettura di un mondo migliore. 

Riflessione di Don Giorgio Begni, durante la visita all' antico battistero del Duomo di Milano (dove la notte di Natale del 387 Sant'Ambrogio battezzò Sant'Agostino).

martedì 12 giugno 2012

C'è chi scarta il meglio


Quando cominciarono a diffondersi le prime videocamere digitali domestiche, Agnès Varda girò Les glaneurs et la glaneuse (la traduzione italiana è un pò infelice:.."Gli spigolatori e la spigolatrice" ?....2000). Il film è un documentario sulla gente che vive dei rifiuti della società di consumo, del riciclo.. Agnes Varda intervista questa gente che cerca di sfruttare ciò che gli altri rifiutano e cerca referenti nel mondo della pittura. Inoltre il documentario si caratterizza anche per il modo in cui la cineasta trae beneficio dalle videocamere digitali. Nella prima scena, Agnes Varda ammette che fin ad allora non aveva mai usato una videocamera digitale di bassa definizione, perciò legge il manuale delle istruzioni e afferma: "Queste piccole cineprese sono digitali, permettono di realizzare effetti stroboscopici, effetti narcisistici e ipperealisti". In alcuni momenti sembra che la sua rivendicazione sul reciclo dei resti della società di consumo finisca col trasformarsi in una riflessione sul proprio atto di filmare, su come sia possibile riprendere con la coscienzia che debba realizzarsi un 'cinema minore' che destabilizzi il potere generato dagli eccessi tecnologici. Agnes Varda si trasforma in un'autentica spigolatrice che con la sua piccola videocamera cattura pezzi di realtà per costruire un discorso sullo sfruttamento delle risorse in una società che ha il bisogno di mettere in pratica  anche un'autentica 'ecologia di immagini'.Una piccola videocamera domestica permette così di catturare l'intimo e di trasformare il documentario in un saggio sulle possibilità di un cinema minore dove il professionale si fonde con l'amateur. Uno dei momenti più belli del film ci mostra Agnes Varda giocando con il tappo dell'obiettivo della sua mini camera- DV o filmando le sue mani mentre guida in autostrada e gioca ad acchiappare i camion che sorpassa. I gesti minimi possono trasformarsi in gesti caricati di bellezza, ma anche in un gesto politico che indica in che modo possono crearsi alcuni potenti discorsi,  aperti verso il futuro dell'audiovisivo a partire da un cinema che dall'intimo si avvicini al domestico.

Qui vi riporto il link del documentario (interamente su youtube, in lingua originale, francese, con sottotitoli in spagnolo):http://www.youtube.com/watch?v=JjKmXzAbJ4A
Vi giuro, merita la pena!
Lasciatevi invadere dalla poesia di cui a volte solo le immagini sono capaci...

giovedì 7 giugno 2012

Ci sono sconfitte che hanno il sapore della vittoria

Che emozione incontrare, conoscere, parlare con Carmen Castillo!
Grazie al corso El documental de creaciò della prof. Imma Merino ho iniziato a conoscere l'opera di questa 'donnona', con una personalità, un carattere e una forza davvero speciali e fuori dal comune.
Lunedì scorso era a Barcellona per una conferenza e noi del corso siamo andati ad assistere.


Tra le tante, tantissime, cose dette vorrei evidenziare due passaggi che mi sono piaciuti molto:

(quando dice a proposito della lotta politica) 
"Hay victorias que tienen gusto de fracaso.
Y hay fracasos que tienen gusto de victoria."

Ci sono vittorie che hanno il sapore della sconfitta.
E sconfitte che hanno il sapore della vittoria.

Verissimo. E poi, parlando del suo ultimo lavoro "Victor Serge, el hereje necesario" ha commentato ad un certo punto:

"La experiencia te sirve para decir cada vez necesito de màs experiencia"
L'esperienza ti serve per dire, ogni volta, ho bisogno di più esperienza.

Questi brevi flash non rendono giustizia alla conferenza, ma spero di aver tratteggiato, sfumato, questa figura, per me, così interessante e profonda.

Bio:
Carmen Castillo Echeverria (1945, Santiago de Chile) è una regista, per lo più documentarista, scrittrice cilena, naturalizzata francese. Figlia del politico e architetto Fernando Castillo Velasco e della scrittrice Monica Echeverria.
E 'stata insegnante di storia e ricercatrice presso il Centro Ricerche di Storia dell'America latina presso l'Università Cattolica.Ha lavorato presso il Palazzo La Moneda durante il governo del presidente Salvador Allende (1970-1973). Dopo il colpo di stato militare, comincia la lotta clandestina al fianco del compagno (di vita e di partito) Miguel Enriquez, leader del MIR (Moviemento della sinistra rivoluzionaria), contro la dittatura di Augusto Pinochet.Nel dicembre del 1973, si stabilì a San Miguel, in calle Santa Fe.Il 5 ottobre 1974, l'esercito attacca: la casa di via Santa Fe: Miguel muore e Carmen Castillo, che era incinta di sei mesi, rimane gravemente ferita.Subito dopo verrà espulsa dal paese. Andrà così in Francia, dove decide di restare anche dopo la fine della dittatura. Cominciò un "semi-ritorno" nel 2002 quando decide di filmare il documentario Calle Santa Fe. Oggi vive tra Parigi e Santiago.I suoi film sono incentrati sul Cile e l' America Latina. Il documentario La flaca Alejandra (1993) ha vinto il FIPA d'Oro al Festival Internazionale di Programmi Audiovisivi di Biarritz e una miriade di altri premi; Calle Santa Fe ricevette il premio Altazor 2008 nelle arti audiovisive. Fu giurata del premio Altadis-Nuovi registi nel Festival Internazionale del Cinema di San Sebastian (2007). Ha scritto le sceneggiature di vari suoi documentari, compresi i due citati e Inca de Oro, come pure film di altri registi come Color Habana, Hasta Luego e La monta
ña azul.
   

  


 Carmen Castillo Echeverría (1945, Santiago de Chile) es una cineasta, principalmente documentalista, y guionista chilena naturalizada francesa. Hija del político y arquitecto Fernando Castillo Velasco y de la escritora Mónica Echeverría.

Biografía

Fue profesora de historia e investigadora en el Centro de Investigaciones de Historia de América Latina de la Universidad Católica.
Trabajó en el Palacio La Moneda durante el gobierno del presidente Salvador Allende (1970-1973). Luego del golpe militar, lucha en la clandestinidad al lado de su compañero Miguel Enríquez, líder del MIR, contra la dictadura de Augusto Pinochet.
En diciembre de 1973, se instalaron en San Miguel, en calle Santa Fe, con sus hijas pequeñas Camila, hija de Carmen y de Andrés Pascal, y Javiera, hija de Miguel y Alejandra Pizarro.
El 5 de octubre de 1974 los militares lanzan un operativo en la calle Santa Fe: Enríquez muere y Carmen Castillo, que estaba embarazada de 6 meses, resulta herida.
Poco después es expulsada del país. Al término de la dictadura decidió permanecer en Francia. Comenzó el semiretorno en 2002, cuando decidió rodar el documental Calle Santa Fe. Vive entre París y Santiago.
Sus filmes tratan acerca de Chile y América Latina. El documental La flaca Alejandra (1993) ganó el FIPA de Oro en Festival Internacional de Programas Audiovisuales de Biarriz y una serie de otros galardones; Calle Santa Fe recibió el premio Altazor 2008 en Artes Audiovisuales. Fue jurado del premio Altadis-Nuevos Directores en el Festival Internacional de Cine de San Sebastián 2007. Ha escrito los guiones de varios de sus documentales, como los de los dos citados e Inca de Oro, así como también los de filmes de otros cineastas como Color Habana, Hasta luego y La montaña azul.

Filmografía

Premios

sabato 2 giugno 2012

Dovremmo annoiarci di più


Si, ne sono convita. A volte non ce ne rendiamo conto quanto sia importante. Ci riempiamo la giornata di impegni, post-it, chiamate, doveri e faccende varie e..ci dimentichiamo di annoiarci un pò.
Non mi riferisco a quando all'università, a scuola o al lavoro, vorremmo trovarci  completamente da un'altra parte perchè la lezione non si può sostenere... O quando siamo in fila al supermercato, in coda alla posta, a casa a studiare o aspettiamo sotto il portone un amico..
No, la noia che intendo io è: prendersi uno spazio vuoto per sè. Tutto per sè.
Non avrei immaginato quanto fosse benefica fin quando qualche giorno fa, invece di prendere la metro per tornare a casa nei soliti 20 minuti, ho deciso di prendere il bus. Ha percorso lo stesso tragitto in un'ora.
Ma è stata tutt'un'altra storia.
Ho avuto modo di annoiarmi e di iniziare a pensare le cose più disparate: sulle persone che salivano e scendevano, su quelle che passeggiavano per strada, sugli spezzoni di conversazioni che riuscivo a captare... Il cervello va in centrifuga e si cominciano a mischiare ricordi, flash-back, episodi vari con liste della spesa, progetti, ritornelli di canzoni....
Ho capito allora che ogni tanto avrei dovuto prendermi un momento così per me. Per annoiarmi un pò o, per meglio dire, per riflettere e mettere in pausa la routine.
Sono stata ferma ad annoiarmi sulla rambla per una decina di minuti ed elencare le lingue ascoltate e le facce di razze diverse avvistate sarebbe troppo lungo.
Quando hanno iniziato a chiedermi informazioni cominciavo a non annoiarmi più e me ne sono andata.
La maggioranza delle volte rigettiamo con forza questi momenti, come se ne avessimo paura : mi sto annoiando? accendo la tele, chiamo qualcuno, vado a fare shopping, mangio qualcosa....
La cosa migliore è assecondarli e scoprire dove ci portano.
Magari mi faranno scrivere un nuovo post.