venerdì 19 ottobre 2012

Lasciare è un verbo ambiguo



Non ci avevo mai fatto caso finché stamattina non ho cercato sul dizionario di francese la voce 'lasciare'.
Se lasci il paese, la casa, il marito, devi usare il verbo 'quitter'.
Ma se lasci l'ombrello a casa, la casa in eredità e quindi sicuramente lascerai il segno per qualcuno, allora il verbo da usare è 'laisser'.
Bé, vi chiederete, cosa c'è che non va?
La cosa che mi è saltata immediatamente all'occhio è che lasciare ha due significati completamente opposti:
può indicare infatti un' Assenza, ma paradossalmente anche una Presenza.

In italiano si usa sempre lo stesso verbo e forse per questo non avevo mai notato questa sottigliezza: pensiamo sempre a lasciare come a un verbo triste, nostalgico, un verbo che fa male insomma, ma in realtà non è sempre così.
Mi accorgo sempre più che solo conoscendo bene un'altra lingua puoi capire e apprezzare profondamente la tua, anche le più piccole sottigliezze.
E mi rendo sempre più conto che è così per tutto.

Certe frasi a volte sono talmente tanto usate che finiscono col perdere completamente di significato e l'uso inflazionato le svuota. Ma poi basta una stupidaggine e capisci che quegli slogan delle elementari, come 'la diversità per costruire l'identità',  il multiculturalismo, l'integrazione... hanno proprio ragione..
Il problema è che, almeno per me, le frasi fatte non mi hanno mai fatto riflettere.
Ma quitter e lasser si. Se solo chi osserva da estraneo la tua cultura,  può farti scoprire cose nuove, ti accorgi che allora anche per conoscere bene te stesso devi avere a che fare con gli altri, con le loro reazioni ai tuoi comportamenti, con le loro parole, con la loro assenza, ma soprattutto con la loro presenza.
Socrate è il filosofo del "Conosci te stesso" e di fatti cosa faceva? Stava tutto il giorno a spasso a chiacchierare...

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