lunedì 7 novembre 2011

Mondi virtuali

Gary Allan Fine, nel suo celebre saggio “Shared fantasy: role playing game as social words” (1982), descrive con attenzione il fervente mondo dei giocatori di ruolo negli Stati Uniti. Egli decise di formulare le sue teorie partecipando attivamente alle sessioni di gioco, sessioni che lo videro anche ricoprire il ruolo di master in alcuni casi. Le sue ricerche sul campo contengono numerosi estratti di partite registrate dallo studioso nonché interviste ai giocatori, per capire meglio come i giocatori stessi vedano se stessi e si rapportino con il proprio personaggio. Fine considera il gruppo di giocatori come un vero e proprio gruppo sociale e quindi propriamente adatto ad un’analisi più ampia circa la società post-moderna, in cui è possibile riconoscere e analizzare tutti i processi che conducono alla creazione di identità e significati in un mondo sociale. Le dinamiche di creazione di un personaggio che dovrà agire all’interno di un gioco sono analoghe infatti a quelle che, ad esempio, un individuo compie, per ragioni diverse, durante la giornata. Infatti il personaggio che interpretiamo in alcune relazioni sociali formali, non è altro che l’interpretare di un personaggio in un gioco di ruolo; la stessa formalità sarà infatti inesistente con un gruppo di nostri amici. I personaggi giocanti dei giochi di ruolo altro non sono che possibili concretizzazioni del sé di un giocatore. Huizinga (1959) afferma che giocare assieme, attraverso la creazione di una comunità inerente al gioco, promuove l’instaurarsi di un gruppo sociale che perdura anche all’esterno del gioco. Non capita raramente di sentire giocatori di gdr incontrarsi in meeting ogni tot di tempo, per conoscere dal vivo, nel caso specifico dei MMORPG, il personaggio della propria gilda e spesso si crea anche un rapporto stretto di amicizia. I membri del gruppo riconoscono di condividere esperienze, ma quale schema di rapporti si può ricavare dall’analisi delle relazioni che un giocatore intrattiene con il proprio personaggio? Secondo Glaser e Strass sono quattro i vari possibili stadi di consapevolezza in cui ci si può collocare: la piena consapevolezza , la mancata consapevolezza, la consapevolezza sospettosa e la finta consapevolezza. Nel gioco di ruolo il giocatore dovrebbe essere nella mancata consapevolezza per poter scindere al meglio se stesso dal proprio personaggio, ma questa consapevolezza viene poche volte raggiunta e si finisce per parlare di una finta consapevolezza, poiché i giocatori sono consapevoli di rivestire altre identità, ma non riescono a scindersi da esse. Nei giochi di ruolo ogni azione si inserisce in un insieme di relazioni, di cause e di conseguenze, che spesso hanno legame diretto con il reale. Anche la relazione spazio-tempo nei gdr è molto più attinente con la realtà che nei giochi da tavolo tradizionali, infatti si cerca di simulare un intero mondo di relazioni; è quindi la volontà simulativa a spingere un gioco di ruolo a essere sempre più coerente possibile e ne consegue che i risultati di un’azione simulata siano gli stessi della medesima azione nel reale. Tanto che muovano da qualche branca sociologica specifica, o siano inscrivibili nel contesto multidisciplinare dei game studies, le ricerche sociali nell’ambito degli MMORPG possono essere in qualche misura divise tra quelle che si focalizzano maggiormente sul giocatore e sul mondo esterno al gioco, e quelle che invece si focalizzano sul personaggio e sulle interazioni sociali interne al gioco – anche se, naturalmente, entrambi i tipi di studio partono da una modellizzazione (spesso sottintesa) del fenomeno nel suo complesso. Il primo tipo di ricerca, quella maggiormente centrata sul giocatore, prende in considerazione argomenti come i differenti approcci secondo genere, nazionalità, fascia di età dei giocatori, o le possibili ricadute nel mondo “reale” di fenomeni connessi coi MMORPG: negativi, come i fenomeni di dipendenza e cyber-criminalità, o positivi, come la diffusione di nuove forme di consapevolezza politica e sociale o lo sviluppo di strategie di apprendimento. Il secondo tipo di ricerca, maggiormente focalizzata sulle dinamiche interne al “mondo virtuale”, ha ad oggetto argomenti come la strutturazione dei gruppi sociali interni al gioco (come clan o gilde), il gioco scorretto (cosiddetto grief play), le tecniche comunicative, i fenomeni di cooperazione e fiducia, le possibilita’ di classificazione dei giocatori in base alle motivazioni. Una parte più limitata delle pubblicazioni scientifiche sull’argomento affronta specificatamente problematiche di natura metodologica, o problematizza esplicitamente gli assunti teorici che ispirano la modellizzazione alla base della ricerca. La maggior parte delle ricerche analizzate ha combinato una pluralità di metodi di indagine; la necessità di investigare l’oggetto di studio da più versanti emerge tra l’altro dalla diffusa adozione di un modello del fenomeno a “strati” sovrapposti: micro-livello del singolo giocatore, il meso-livello dei gruppi sociali di giocatori (gilde, clan), e il macro-livello del gioco nel suo complesso. Emerge dunque il quadro di una scena in fermento, in cui studiosi provenienti da diverse discipline utilizzano una pluralità di approcci e di metodi. Sono ancora scarsi gli apporti di studiosi italiani o gli studi sulla realtà dei giocatori italiani di MMORPG, ed una migliore conoscenza del fenomeno con la produzione di ricerche sociologiche è auspicabile dato che la partecipazione ai MMORPG riguarda sempre più persone – prevalentemente giovani – anche in Italia. Mai prima d’ora l’uomo era riuscito a rendere la figurazione così potente e dotata di fascinazione autonoma da far temere che essa possa sostituirsi alla realtà e diventarne un puro simulacro: attraverso il corpo l’uomo si moltiplica, si trasforma, presenta se stesso, ma anche altri “io”. Anche quando ha a disposizione pochi elementi l’uomo inventa altre identità, assume una parte. Il gioco di ruolo, a mio parere, risponde a questo: non si tratta di altro che di una riproduzione illusoria di una realtà separata alla quale tutti aderiscono per divertimento. Il gioco di ruolo è rappresentazione, e i giocatori di ruolo rappresentano nel migliore dei modi questa sub-realtà, dalla quale a volte vengono completamente risucchiati. Occorre allora tener ben presente quella che è la dimensione ludica, il ludus, il sentimento del ‘gioco’, ovvero ciò che rappresenta la garanzia di conservare il controllo sulla moltiplicazione dell’Io, la consapevolezza della finzione e della maschera, che una volta usciti dal gioco, dovrebbe riportarci tutti coi piedi per terra, si spera, quella vera.

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